L’uso di energia meccanica generata dalla trasmissione delle onde sonore a scopo terapeutico comincia
negli anni 40. Sono stati anni pionieristici, in cui numerosi ricercatori, come tanti alchimisti alla ricerca della pietra filosofale, si sono affannati a trovare una qualche forma di energia fisica (termica, elettrica, elettromagnetica, meccanica) che avesse il potere di interagire con i tessuti sostenendone la guarigione, qualunque problema avessero. Una specie di panacea. Le onde sonore, utilizzate a frequenze inudibili per l’orecchio umano, vantavano grande considerazione intorno alla metà del secolo scorso. L’EBM non era certo lo standard, perciò, sulla base di supposte guarigioni descritte da medici dell’epoca, venivano usate in maniera indiscriminata per il trattamento di dolori articolari, ulcere gastriche, fratture, eczemi, emorroidi, problemi respiratori, incontinenza uinaria e perfino per disturbi cardiaci. I principi d’azione si facevano risalire alla vibrazione cellulare determinata dalla pressione ritmica delle onde sonore ad alta frequenza e dal supposto aumento di temperatura nei tessuti in profondità, generato dall’attrito. Le onde d’urto sono state una conseguente evoluzione. Al contrario degli ultrasuoni che si presentano come onde sinusoidali, le onde d’urto hanno un andamento ad impulso, con valori di pressione molto più elevati, con tempi brevissimi sia di salita del fronte che di durata. Inizialmente, la loro applicazione elettiva è stata la frantumazione dei calcoli renali e della cistifellea, quindi, negli anni 80 sono cominciati i primi esperimenti sulle fratture con difficoltà di consolidamento e su una vasta gamma di altre patologie muscolo scheletriche, come le periartriti e le epicondiliti con calcificazioni oltre al trattamento della spina calcaneare. In tutti questi casi, si intuisce che ci si affida all’ipotetico potere dell’energia meccanica per distruggere un elemento estraneo al tessuto d’origine. Il motivo per cui si è cominciato a somministrare energia meccanica di natura acustica anche per il trattamento di patologie come il mal di schiena è basato sull’ipotesi che la vibrazione cellulare determini un aumentare del metabolismo locale e della circolazione sanguigna, migliorando la flessibilità del tessuto connettivo, accelerando la rigenerazione dei tessuti e riducendo il dolore e la rigidità. Se si esclude l’effetto placebo su singoli casi, i risultati scientifici di questi trattamenti, a dispetto del loro esteso utilizzo negli ultimi 50 anni sono stati deludenti. Prova ulteriore sono le conclusioni di questa revisione che portano gli autori ad affermare che in assenza di reali evidenze di efficacia sul dolore lombare, il ricorso a queste forme di energia fisica è ingiustificato e il loro uso dovrebbe prevedere esclusivamente contesti sperimentali per valutarne eventuale efficacia, efficienza e costo-beneficio. Romano M. |